A partire dal XX secolo la specie umana ha immesso nell’ambiente una quantità enorme di molecole artificiali, che hanno trasformato in lungo e in largo interi ecosistemi del nostro pianeta. Questi cambiamenti hanno assunto caratteristiche tanto drammatiche da provocare ripercussioni sulla salute, in quanto è noto che i fattori ambientali giocano un ruolo preponderante nello sviluppo e nel mantenimento delle malattie. Da più di un secolo si assiste parallelamente ad una drammatica riduzione delle patologie acute da cause esterne (es. infezioni) e ad un altrettanto significativo incremento delle malattie cronico-degenerative da cause endogene di natura ormonale, neurodegenerativa, metabolica, cardiovascolare e tumorale. Questi fenomeni sembrano fortemente correlati alla repentina alterazione del rapporto uomo-ambiente ed agli effetti conseguenti sulle prime fasi dello sviluppo del feto e del bambino.
L’organismo è un sistema complesso, dinamico ed in contatto costante con l’ambiente esterno e la sua salute non è scritta nel DNA, che è la macromolecola in cui sono depositate quasi tutte le informazioni per il funzionamento organico. La genetica, in particolare, studia le modificazioni a livello delle lettere che costituiscono il DNA, mentre l’epigenetica si occupa dei cambiamenti funzionali del DNA in assenza dei cambiamenti nella sua sequenza ed in seguito agli stimoli endogeni ed ambientali. La maggior parte dei modelli teorici odierni interpretano il cancro alla stregua di un incidente genetico, in cui gli agenti cancerogeni provocano più o meno casualmente mutazioni sequenziali a carico del DNA, che a loro volta innescano un aumento della proliferazione cellulare. L’interpretazione del tumore come malattia genetica ha condotto, tuttavia, ad una pericolosa sottovalutazione dei rischi cancerogeni legati all’inquinamento ambientale. E’ necessario abbandonare il riduzionismo e riconoscere all’ambiente un ruolo attivo e costante nell’induzione dei danni al DNA. L’immissione negli ecosistemi e nelle catene alimentari di una grande varietà di molecole in grado di danneggiare il DNA, indurre stress ossidativo, modificare l’epigenetica di organi o tessuti, interferire con i meccanismi di riparazione del DNA e con quelli ormonali può essere alla base dell’incremento progressivo delle malattie croniche e degenerative (tumori inclusi) e della loro anticipazione in termini di età d’insorgenza. A titolo di esempio le neoplasie infantili negli ultimi venti anni in Europa hanno avuto un incremento del 1% annuo, soprattutto per quanto riguarda i linfomi non Hodgkin. I danni causati dalle sostanze tossiche non sono sempre proporzionali alla quantità, mentre l’esposizione cronica a dosi minime è la più pericola nel medio-lungo termine, soprattutto durante il periodo dello sviluppo fetale ed infantile.
In conclusione i fattori ambientali possono influenzare i meccanismi genetici ed epigenetici coinvolti nei processi di proliferazione cellulare ed agevolare la trasformazione del tessuto in senso neoplastico. La prevenzione passa, dunque, dalla riduzione dell’esposizione alle fonti di inquinamento non soltanto di natura chimico-elettromagnetica, ma anche alimentare.