A partire dalla metà del secolo scorso, tuttavia, la regolazione e le funzioni del DNA sono state profondamente rivalutate dalla nascita dell’epigenetica che si occupa dei fattori responsabili dei cambiamenti reversibili, ed in alcuni casi anche ereditabili, nell’espressione genica senza modificazioni nella sequenza originale del DNA.
In particolare le modificazioni epigenetiche principali sono rappresentate dalla metilazione del DNA e dalle reazioni chimiche a livello delle proteine che rivestono il DNA (i.e. istoni). L’epigenetica interviene nel mantenimento della stabilità genomica e nell’apertura o chiusura del DNA permettendo rispettivamente l’espressione oppure il silenziamento genetico, come avviene per esempio in caso di metilazione del DNA. Le conseguenze di tali modificazioni sono di fondamentale importanza per un corretto funzionamento cellulare.
Benché ovviamente gli studi di genetica classica non abbiano perduto la loro rilevanza, la ricerca nel campo dell’epigenetica ha permesso di approfondire nuovi aspetti e superare alcuni limiti. L’esempio dei gemelli omozigoti, per definizione geneticamente identici, lascia ipotizzare che le loro deboli differenze possono essere causate non solo da particolari avvenimenti accorsi durante la gravidanza, ma possono essere anche conseguenti all’influenza dei fattori ambientali e di quelli legati allo stile di vita, in cui i cambiamenti epigenetici rivestono una notevole importanza. A supporto di tutto ciò è stato osservato che dal punto di vista epigenetico i gemelli omozigoti sono più simili tra loro in giovane età rispetto ad un’età più avanzata.
L’alimentazione rappresenta una componente imprescindibile della vita e non sorprende perciò che sia in grado di interagire con le sequenze genetiche modulandone l’espressione attraverso meccanismi epigenetici. In particolare l’alimentazione influenza l’espressione di una classe di piccole molecole denominate miRNA, a loro volta coinvolte nella regolazione della sintesi o degradazione delle proteine. In maggior dettaglio i miRNA partecipano a molte funzioni cellulari come la differenziazione, il ciclo cellulare, la senescenza, la morte programmata e persino la trasformazione tumorale.
A titolo di esempio è stato scoperto che i polifenoli vegetali sono in grado di cambiare l’espressione di miR-103, miR-107 e miR-122, i quali intervengono nella regolazione del metabolismo epatico, mentre gli acidi grassi appartenenti alla classe degli ω-3 influenzano il metabolismo lipidico e, tramite il miR-206, anche la struttura delle membrane cellulari. A ciò si aggiunga anche il potenziale ruolo (ancora indefinito) esercitato dai miRNA esogeni, cioè quelli introdotti attraverso il consumo di prodotti di origine animale.
Un altro esempio è tratto dagli esperimenti animali, i quali hanno evidenziato che durante la gravidanza il consumo di genisteina, un isoflavone contenuto nella soia, esercita effetti epigenetici sulla prole diminuendo il rischio di obesità in età adulta. Sul versante umano, invece, lo studio di un campione di olandesi ha dimostrato che l’esposizione delle madri incinta alla grave carenza di cibo durante la seconda guerra mondiale determina modificazioni epigenetiche ed incrementa il rischio di obesità e malattie metaboliche nei figli. E’ possibile affermare, quindi, che un’alimentazione sana durante la gravidanza e l’allattamento influenza la metilazione del DNA esercitando effetti preventivi anche per la salute delle generazioni a venire. Si ritiene che l’alimentazione interagisca con il DNA e con la metilazione degli istoni attraverso l’intermediazione di alcune molecole donatrici di gruppi metile, vitamine e fitonutrienti, tra cui in primis i polifenoli, probabilmente attraverso la modulazione degli enzimi coinvolti nelle modificazioni epigenetiche.
Benché le applicazioni reali dell’epigenetica al campo nutrizionale siano ancora agli esordi, si auspica che le ricerche scientifiche, che si accumulano rapidamente di anno in anno, possano fornire una visione più chiara dei protagonisti e dei possibili meccanismi. Ciò è particolarmente auspicabile in quanto si ipotizza attualmente che i processi epigenetici medino, almeno in parte, i ben noti effetti benefici di una sana alimentazione sul rischio di sviluppare nel lungo termine l’ipertensione, l’obesità, le malattie cardiovascolari ed il diabete.
La nutrigenomica e la nutrigenetica sono al centro di un vivo interesse nel mondo della ricerca e della medicina, in quanto sono approcci innovativi allo studio delle complesse relazioni tra l’alimentazione ed il DNA. Scopriamo di più su queste novità in questo articolo.
L’alimentazione, si sa, rappresenta un caposaldo fondamentale nella cura della salute e nella prevenzione. I suoi effetti dipendono fondamentalmente dal fatto che i cibi contengono un’elevata moltitudine di nutrienti e di molecole bioattive, che a loro volta sono in grado di agire nei vari processi biologici. Nel corso degli ultimi decenni sono stati fatti enormi passi avanti nella comprensione dei disturbi e delle malattie correlate ad una cattiva alimentazione mettendo in luce i meccanismi cellulari e biologici che incrementano il rischio di veder peggiorare il proprio stato di salute. Inoltre si assiste ad un crescente avvicinamento ed adeguamento ai concetti della Medicina di Precisione, che si sofferma sulle caratteristiche individuali interne o esterne alla persona. Ciò è supportato dall’evidenza che i fabbisogni nutrizionali e le risposte metaboliche non sono uguali per tutti. Per di più l’eccessiva focalizzazione sui fabbisogni calcolati sulla media della popolazione può rappresentare un vero e proprio limite nella comprensione del singolo e delle sue proprietà biologiche.
Lo stato di salute è modellato sia dallo stile di vita (es. alimentazione, attività motoria) che dalla genetica. Quest’ultimo termine si riferisce allo studio del DNA, che costituisce il materiale ereditario di ogni essere vivente. Più specificatamente il DNA è una lunga sequenza fatta da 4 tipi di “mattoncini”, detti nucleotidi, che prendono il nome di timina, adenina, citosina e guanina. Questi nucleotidi si dispongono uno dietro l’altro dando origine alla molecola del DNA, che nel suo insieme viene denominato genoma. Il DNA a sua volta può essere suddiviso in unità chiave dell’ereditarietà detti geni, che racchiudono nella propria sequenza le istruzioni per la sintesi di molecole importanti come le proteine enzimatiche, che a loro volta prendono attivamente parte delle reazioni cellulari.
È opportuno considerare insieme sia i fattori genetici che quelli ambientali.
L’avvento delle più recenti tecniche di biologia molecolare ha dato origine ad una vera e propria rivoluzione nell’approccio alla salute ed alle malattie. Ciò è avvenuto soprattutto grazie allo sviluppo della genomica, che si occupa della mappatura della sequenza del DNA e dello studio dei geni qui presenti. Benché fosse già ipotizzato da tempo, il ruolo dei fattori genetici sta assumendo un peso sempre più importante in medicina e ciò non vale solo per le malattie genetiche rare, ma anche per quelle croniche diffuse al giorno d’oggi come per esempio le patologie cardiovascolari, infiammatorie, metaboliche, neurodegenerative e tumorali. In questo contesto anche il campo della nutrizione non fa eccezione e crescono di anno in anno le evidenze relative a come il DNA interagisce con ciò che mettiamo in tavola. Più precisamente gli sforzi per comprendere le relazioni tra il genoma e la dieta passano attraverso i termini di nutrigenomica e nutrigenetica.
Per quanto strettamente associati tra loro, la nutrigenomica e la nutrigenetica hanno un approccio complementare nello studio delle relazioni DNA-nutrizione. La prima approfondisce l’influenza dei nutrienti e delle molecole bioattive (es. flavonoidi) a livello del genoma analizzando nel dettaglio gli effetti molecolari e cellulari indotti dalle sostanze alimentari. Cioè permette di capire come gli stimoli nutrizionali mettano in moto le reazioni metaboliche e cellulari. D’altra parte la nutrigenetica si dedica allo studio di come e quanto il profilo genetico modifichi la risposta personale agli alimenti ed alle stesse diete. La nutrigenetica, infatti, identifica e caratterizza le varianti genetiche presenti nel DNA, che sono associate ad effetti differenti ed al rischio di sviluppare malattie.
La genetica studia come i profili genetici influenzano le risposte agli stimoli ambientali e dietetici.
Tra tutti i fattori ambientali che potenzialmente interagiscono con il DNA l’alimentazione rappresenta sicuramente quello più importante. È stato dimostrato che non solo il materiale genetico influenza la risposta agli alimenti ed ai nutrienti, ma anche l’alimentazione può cambiare l’espressione genetica tramite meccanismi complessi (epigenetica). Uno degli obiettivi chiave della Nutrizione di Precisione è quello di ritagliare su misura le raccomandazioni nutrizionali al fine di prevenire o trattare le malattie croniche diffuse al giorno d’oggi. Oltre a tenere conto degli altri fattori come il microbiota, l’attività fisica e le abitudini alimentari, è opportuno non dimenticare il ruolo della genetica nel campo della salute. In seguito al sequenziamento dell’intero genoma agli inizi degli anni 2.000, infatti, sono stati effettuati numerosi studi per identificare i fattori genetici in grado di dare una spiegazione della variabilità inter-individuale nelle risposte alle diete (e non solo). In particolare sono stati evidenziati numerose varianti genetiche, dette polimorfismi, che possono agire come fattori rilevanti, insieme allo stile di vita, nel determinare come l’organismo risponde all’introduzione di certi alimenti e sostanze nutrizionali. Essere portatori o meno di una o una combinazione di varianti genetiche può differenziare le persone per quanto riguarda la loro capacità di tollerare alcuni alimenti (es. alcool, caffeina, glutine), il dispendio energetico, l’assorbimento, il metabolismo dei nutrienti e molto altro.
La nutrigenetica consente di ottimizzare le terapie nutrizionali all’insegna della cosiddetta nutrizione personalizzata.
Ciò è possibile, in quanto i polimorfismi genetici contribuiscono alla nostra personale risposta agli stimoli alimentari e dietetici. Due persone non sono perfettamente identiche dal punto di vista genetico e ciò le caratterizza anche dal punto di vista metabolico e nutrizionale. Supportati da uno specialista è possibile valutare il contributo genetico tramite una semplice analisi del DNA, da cui è possibile ottenere utili informazioni per quanto riguarda il proprio profilo genetico, in cui possono eventualmente emergere fattori di suscettibilità o di protezione nei confronti di un dato “campanello d’allarme”.
Da qui è possibile scegliere e formulare un approccio nutrizionale altamente specifica, che tenga conto sia degli aspetti classici di tipo diagnostico e clinico (sintomi) che di quelli genetici.